Lucas von Kristanbeck cadde attraverso una ferita nel tempo, avvolto in un turbine di luce smeraldina che gli squarciava mente e corpo. Non fu una semplice caduta, ma uno strappo violento, una lacerazione fra le linee del destino che lo trascinò dal suo mondo, proiettandolo in un cielo sconosciuto e ignoto. Sentì l’urlo assordante del tempo stesso, come se gli ingranaggi cosmici gridassero per lo sforzo di contenerlo.

Cadde.

La prima cosa che percepì al risveglio fu dolore. Non un dolore ordinario, ma una sofferenza che pulsava al ritmo di energie antiche e incontrollabili. Aprì lentamente l’occhio destro—l’altro non rispondeva—e vide solo bagliori confusi di luce verde, frammenti di passato e futuro intrecciati in un caos incomprensibile. Cercò di alzarsi, ma il suo corpo non rispose. Sentì freddo dove avrebbe dovuto esserci il braccio sinistro, un’assenza che gridava la propria impossibilità.

Respirò affannosamente, il petto che bruciava di una fiamma innaturale. La mano destra strinse qualcosa: la Chiave Clessidra, il suo bastone. Era ancora con lui, fredda, pesante e rassicurante. Cercò di alzarsi di nuovo, fallendo ancora.

«Non muoverti,» disse una voce calma, femminile, con una nota di preoccupazione e curiosità. «Sei gravemente ferito.»

Lucas girò lentamente la testa, incontrando lo sguardo di una donna dai capelli scuri, corti e ribelli, che indossava strani occhiali dai vetri fumosi. Lei esaminava qualcosa sul suo petto con un misto di stupore e apprensione.

«Cosa…?» riuscì a dire Lucas, la voce rauca e spezzata.

«Sono Lydia,» rispose la donna. «Lydia Steamwright. Sei nella Torre degli Ingranaggi, ad Arkanum.»

Arkanum. Quel nome risvegliò in Lucas echi di memorie frammentate, ma prima che potesse afferrarle, scomparvero nuovamente nel caos della sua mente.

«Devi restare calmo,» continuò Lydia. «Qualunque cosa ti abbia portato qui, ti ha quasi ucciso. Il tuo corpo è… diverso.»

Lucas abbassò lo sguardo verso il petto e vide la verità delle parole di Lydia. Al centro del suo torace, incastonato come una gemma maledetta, brillava un cristallo di chrono-quarzo, avvolto da un intricato sistema di ingranaggi, molle e cristalli luminosi. Pulsava lentamente, al ritmo del suo respiro.

«Cosa mi avete fatto?» sussurrò.

«Ti ho salvato,» rispose Lydia con determinazione. «Quel cristallo che hai nel petto, quel chrono-quarzo, è ciò che resta del dispositivo che ti ha portato qui. Ora è parte di te, irrimovibile. L’ho stabilizzato con un meccanismo arcano-meccanico che impedirà alla tua stessa presenza di distruggere questa realtà.»

Lucas serrò la mano intorno alla Chiave Clessidra, sentendo il battito del tempo attraverso le dita. «Quindi sono una minaccia?»

Lydia esitò per un istante, poi annuì lentamente. «Potresti esserlo. Ma puoi anche essere qualcosa di più. Puoi aiutarci a capire ciò che nessuno qui comprende completamente.»

«E se volessi solo tornare indietro?»

«Non credo che sia possibile,» rispose Lydia con dolcezza. «Il tempo da cui vieni potrebbe non esistere più. Potresti non avere un posto a cui tornare.»

Lucas chiuse l’occhio, sentendo il peso delle parole della donna come una sentenza definitiva. Quando lo riaprì, guardò Lydia, cogliendo nei suoi occhi una sfumatura di comprensione, forse persino di empatia.

«Aiutami,» disse piano. «Aiutami a comprendere cosa sono diventato.»

Lydia sorrise, annuendo con decisione. «Lo faremo insieme.»

Lucas si sdraiò nuovamente, mentre il Nucleo Cronale pulsava nel suo petto. Non sapeva se sarebbe mai riuscito a controllare ciò che era diventato, ma una cosa era certa: il tempo non avrebbe aspettato per sempre. E l’Orologiaio sarebbe venuto per lui, prima o poi.

Con quel pensiero inquietante, Lucas von Kristanbeck chiuse nuovamente l’occhio, lasciando che l’oscurità lo avvolgesse, almeno per il momento.

Mentre il sonno lo reclamava, Lucas iniziò a sognare frammenti della sua vita precedente, immagini che sembravano appartenere a qualcun altro. Vide volti familiari, sorrisi dimenticati, luoghi che non avrebbe mai più rivisto. Vide anche qualcosa di oscuro, una presenza silenziosa e inquietante che lo osservava da lontano.

L’Orologiaio.

Si svegliò di scatto, il respiro corto, il cuore che martellava furiosamente nel petto. Lydia era ancora lì, seduta vicino al suo letto, con gli occhi fissi su di lui, vigile e preoccupata.

«È qui,» sussurrò Lucas, la voce incrinata dal terrore. «L’ho visto. È qui.»

Lydia gli prese dolcemente la mano. «Non sei solo, Lucas. Qualunque cosa succeda, la affronteremo insieme.»

Lucas annuì, stringendo forte la mano di Lydia, mentre il suo cuore rallentava lentamente il battito. Aveva paura, sì, ma non era solo. Avrebbe affrontato qualsiasi cosa il futuro avesse in serbo per lui, perché non aveva altra scelta.

E così, nella quiete precaria della Torre degli Ingranaggi, Lucas von Kristanbeck si preparò ad affrontare l’incertezza di un futuro che non era più solo suo, ma che era intrecciato irrevocabilmente con quello di Arkanum e dei suoi abitanti.