Capitolo I: La Caduta
Il tempo non ha colore, eppure Lucas von Kristanbeck giurò di vedere smeraldo liquido mentre precipitava attraverso le pieghe della realtà. Non era una caduta nel senso tradizionale del termine—non c’era gravità, non c’era aria che gli frustasse il volto—ma piuttosto uno strappo violento attraverso il tessuto stesso dell’esistenza, come se qualcuno avesse squarciato una tela dipinta e lo avesse spinto attraverso la ferita.
La Chiave Clessidra pulsava nella sua mano destra, l’unica ancora di sanità mentale in quel mare di caos temporale. Il bastone di chrono-quarzo emanava onde di energia che distorcevano lo spazio intorno a lui, creando spirali di luce che si contorcevano come serpenti di tempo solidificato. Lucas sentì la sua essenza stessa stirarsi, allungarsi attraverso decenni e secoli, mentre frammenti della sua memoria si disperdevano come gocce di pioggia in una tempesta.
Vide flash di immagini: la sua officina ad Eisengrad, le mani di suo padre che gli insegnavano a forgiare i primi ingranaggi cronali, il volto di Katarina prima della Grande Rottura. Poi tutto si frammentò in un’esplosione di dolore puro.
L’impatto con la realtà di Vaskaras fu come essere colpiti da un martello forgiato dal tempo stesso. Lucas sentì le sue ossa spezzarsi—non fisicamente, ma a un livello più profondo, dove la materia incontra l’energia e l’anima tocca la carne. Il chrono-quarzo nel suo petto esplose verso l’esterno, mandando schegge temporali attraverso tutto il suo corpo. Il braccio sinistro semplicemente… cessò di esistere, non strappato via ma cancellato, come se non fosse mai stato.
L’occhio sinistro condivise lo stesso destino, lasciando dietro di sé un vuoto che bruciava con fiamme verdi e fredde.
Quando finalmente si fermò, Lucas giaceva al centro di un cratere fumante sulla sommità della Torre degli Ingranaggi di Arkanum. L’impatto aveva frantumato i meccanismi di precisione del laboratorio del piano superiore, mandando spruzzi di olio arcano e vapore cristallizzato in tutte le direzioni. Frammenti di chrono-quarzo erano incastonati nelle pareti di pietra, pulsando con una luce instabile che faceva tremare l’aria stessa.
Il silenzio che seguì era innaturale, come se il mondo stesso trattenesse il respiro.
Capitolo II: L’Ingegnere
Lydia Steamwright non era il tipo di persona che si lasciava facilmente impressionare. In qualità di Maestra Ingegnere della Torre degli Ingranaggi, aveva visto il suo share di esperimenti falliti, esplosioni arcane e “impossibilità” che diventavano quotidiane. Ma quando il soffitto del suo laboratorio si aprì come un fiore di pietra e un uomo mezzo morto precipitò dal cielo avvolto in fiamme temporali, anche lei dovette ammettere che era qualcosa di nuovo.
La prima cosa che notò non fu il sangue o le ferite raccapriccianti, ma l’energia. Onde di distorsione cronale si irradiavano dal corpo dell’uomo in schemi che lei riconobbe istintivamente come impossibili secondo le leggi arcane di Arkanum. Il suo cronometro da polso—un dispositivo di sua creazione che misurava le fluttuazioni temporali locali—stava impazzendo, l’ago che oscillava così rapidamente da sembrare immobile.
«Per tutti gli ingranaggi di Arelian…» mormorò, avvicinandosi cautamente al cratere.
L’uomo era chiaramente non di questo mondo. I suoi vestiti, sebbene strappati e bruciati, mostravano una fattura che lei non riconosceva—tessuti intrecciati con fili di metallo che sembravano condurre energia arcana, bottoni che brillavano di luce propria, una lunga giacca che sembrava assorbire la luce piuttosto che rifletterla. Ma ciò che catturò davvero la sua attenzione fu l’oggetto nella sua mano destra: un bastone di chrono-quarzo puro, più grande e più raffinato di qualsiasi cosa avesse mai visto.
E poi c’era la ferita nel suo petto.
Non era una ferita normale. Dove avrebbe dovuto esserci carne lacerata e ossa rotte, Lydia vide invece un cristallo di chrono-quarzo delle dimensioni di un pugno, incastonato profondamente nel torso dell’uomo. Il cristallo pulsava con un ritmo irregolare, e intorno ad esso la carne sembrava riorganizzarsi, formare nuovi pattern, come se il corpo stesso stesse tentando di adattarsi a questa presenza aliena.
Lydia aveva studiato la chrono-magia per la maggior parte della sua vita adulta. Sapeva che l’esposizione prolungata al chrono-quarzo grezzo poteva causare mutazioni temporali, invecchiamento accelerato o, nei casi peggiori, la completa dissoluzione dell’esistenza di una persona attraverso molteplici linee temporali. Ma quello che vedeva qui era diverso. Il cristallo non stava distruggendo l’uomo—lo stava trasformando.
«Assistente Cogsmith!» gridò Lydia, la sua voce che echeggiava attraverso il laboratorio distrutto. «Cogsmith, ho bisogno di te qui, ora!»
Benny Cogsmith, un gnomo dalle mani macchiate di olio che fungeva da principale assistente di Lydia, arrivò correndo, le sue piccole gambe che lo portavano attraverso i detriti con agilità sorprendente. I suoi occhi si allargarono quando vide la scena.
«Maestra Steamwright, cosa in nome delle Sette Ruote è successo qui?»
«Non lo so,» rispose Lydia, già in movimento, raccogliendo strumenti da un armadietto che miracolosamente era sopravvissuto all’impatto. «Ma abbiamo un paziente, e a giudicare dai pattern energetici, non abbiamo molto tempo prima che la sua stessa presenza destabilizzi tutta la Torre.»
Cogsmith inghiottì nervosamente. «Destabilizzi come, esattamente?»
Lydia si fermò, guardando il cronometro da polso. L’ago ora stava girando in senso antiorario, qualcosa che non aveva mai visto prima. «Come nel far collassare questa intera sezione di Arkanum in un paradosso temporale.»
Per i successivi minuti cruciali, Lydia lavorò con l’efficienza di qualcuno che aveva passato anni a prepararsi per l’impossibile. Usando una combinazione di strumenti arcano-meccanici e pura intuizione ingegneristica, riuscì a stabilizzare temporaneamente le fluttuazioni cronali intorno all’uomo sconosciuto, creando una bolla di tempo “normale” in un raggio di tre metri.
«Cogsmith, ho bisogno del Kit di Stabilizzazione Cronale. Quello grande, non quello che usiamo per gli esperimenti.»
«Ma Maestra, quello è per emergenze a livello cittadino…»
«Questa È un’emergenza a livello cittadino,» replicò Lydia seccamente. «E porta anche il Sigillatore Temporale. Dovrò probabilmente impiantarglielo.»
Mentre Cogsmith correva a recuperare l’equipaggiamento, Lydia si chinò sull’uomo, studiando più da vicino le sue ferite. Il braccio sinistro non era stato tagliato o strappato—era semplicemente assente, come se non fosse mai esistito. La stessa cosa per l’occhio sinistro. Ma stranamente, non c’era sanguinamento dove avrebbero dovuto esserci le ferite. Invece, c’era una sorta di… vuoto, un’assenza che faceva male a guardare direttamente.
«Chi sei?» sussurrò Lydia, anche se sapeva che l’uomo era incosciente.
Come in risposta alla sua domanda, l’uomo si agitò leggermente, e per un momento l’occhio destro si aprì. Lydia si ritrovò a guardare in un abisso di colore ambrato attraversato da venature di verde cronale, un occhio che aveva visto troppo, che portava il peso di tempo e spazio distorti.
Poi l’uomo parlò, e la sua voce era come il suono di ingranaggi antichi che si mettevano in moto: «L’Orologiaio… viene…»
E poi fu di nuovo incosciente.
Capitolo III: Il Risveglio
Lucas von Kristanbeck si svegliò gradualmente, come un uomo che emerge da acque profonde e scure. La prima cosa che percepì fu il dolore—non il dolore acuto delle ferite fresche, ma un dolore sordo e pulsante che sembrava irradiarsi da ogni fibra del suo essere. Era come se il suo corpo stesse cercando di ricordare come esistere.
La seconda cosa che notò fu il suono. Un leggero ticchettio, regolare come un metronomo, che proveniva dal suo stesso petto. Con crescente orrore, si rese conto che il suono era sincronizzato con il suo battito cardiaco.
Aprì l’occhio destro—l’unico che gli rimaneva—e si trovò a guardare un soffitto di pietra illuminato da cristalli di Luminite incastonati in pattern geometrici complessi. L’architettura era chiaramente di Arkanum, anche se di uno stile che non aveva mai visto prima. I cristalli pulsavano dolcemente, emanando una luce bianca e pulita che contrastava stranamente con la sensazione di caos che permeava tutto il suo essere.
«Finalmente sveglio,» disse una voce femminile alla sua sinistra. Lucas girò la testa—un movimento che gli causò una fitta di dolore—e vide una donna seduta su una sedia di metallo intricatamente lavorata. Aveva capelli castani corti e ribelli che sfuggivano da ogni tentativo di essere domati, occhi di un grigio acciaio che brillavano di intelligenza acuta, e indossava una tuta da lavoro coperta di macchie di olio e piccoli ingranaggi. Occhiali protettivi pendevano dal suo collo, e le sue mani erano macchiate dell’inchiostro blu caratteristico usato per disegnare progetti arcano-meccanici.
«Sono Lydia Steamwright,» continuò la donna, alzandosi dalla sedia con movimenti che suggerivano anni passati in laboratori e officine. «Maestra Ingegnere della Torre degli Ingranaggi. E tu, per quanto posso determinare, sei un impossibile vivente.»
Lucas cercò di parlare, ma la sua gola era secca come pergamena antica. Lydia notò la sua difficoltà e si avvicinò con un bicchiere d’acqua, aiutandolo a bere lentamente.
«Grazie,» riuscì finalmente a dire, la voce rauca ma riconoscibile. «Io sono…»
«Lucas von Kristanbeck,» interruppe Lydia con un sorriso ironico. «Ho trovato alcuni documenti nella tua giacca. Interessante lettura, anche se metà delle date che menzionano non sono ancora accadute, e l’altra metà si riferisce a eventi che non sono mai accaduti affatto.»
Lucas si sentì invadere da un senso di vertigine che non aveva nulla a che fare con le sue ferite fisiche. «Che anno è?»
«550 dell’Era della Vittoria,» rispose Lydia, osservando attentamente la sua reazione. «E prima che tu chieda, sì, siamo su Vaskaras, nel continente di Enira, nella città di Arkanum. La domanda più interessante è: da dove vieni tu?»
Lucas chiuse l’occhio, cercando di mettere insieme i frammenti della sua memoria. «Vengo da… vengo da qui. Da Arkanum. Ma non da questa Arkanum. Da un’Arkanum che esisteva… che esisterà… che potrebbe esistere…» Si fermò, frustrato dalla sua incapacità di spiegare in parole qualcosa che sfidava la logica lineare.
«Un Arkanum alternativo,» disse Lydia pensosamente. «Una linea temporale divergente. Questo spiegherebbe l’energia cronale che emani, e anche perché i miei strumenti diventano pazzi quando ti avvicini.»
Per la prima volta, Lucas guardò veramente se stesso. Il suo corpo era coperto da bende pulite, ma poteva vedere abbastanza per rendersi conto dell’entità del danno. Il braccio sinistro era semplicemente… sparito. Non c’era moncherino, nessuna cicatrice. Dove avrebbe dovuto esserci la spalla, c’era solo torso normale, come se fosse nato così.
Ma era il suo petto che lo scioccò davvero. Attraverso le bende, poteva vedere il bagliore di qualcosa di artificiale. Con mano tremula, iniziò a srotolare le bende, e Lydia non fece nulla per fermarlo.
Quello che vide lo lasciò senza parole.
Al centro del suo petto, dove un tempo c’era stata carne normale, ora brillava un complesso dispositivo arcano-meccanico. Un cristallo di chrono-quarzo delle dimensioni di un pugno formava il nucleo, circondato da una filigrana di metallo che si estendeva attraverso la sua cassa toracica come radici metalliche. Piccoli ingranaggi ruotavano lentamente intorno al cristallo, e linee di energia blu correvano attraverso circuiti incisi direttamente nella sua pelle. Il tutto pulsava al ritmo del suo cuore, creando quel ticchettio che aveva sentito al risveglio.
«Cosa… cosa mi avete fatto?» sussurrò Lucas, una nota di panico nella sua voce.
Lydia si sedette sul bordo del letto, le sue espressioni che mostravano una miscela di orgoglio professionale e genuina preoccupazione. «Ti ho salvato la vita. Quando sei arrivato qui, il chrono-quarzo nel tuo corpo stava destabilizzando la realtà locale. In termini semplici, la tua stessa esistenza stava creando paradossi temporali che avrebbero potuto distruggere questa intera sezione di Arkanum.»
Si alzò e si avvicinò a una scrivania coperta di progetti e diagrammi. «Quello che vedi è un Nucleo di Stabilizzazione Cronale della mia progettazione. Il chrono-quarzo grezzo che stava uccidendoti è ora contenuto e regolato da un sistema di feedback arcano-meccanico. In pratica, ho trasformato il tuo sistema circolatorio in un orologio vivente.»
Lucas toccò delicatamente il dispositivo nel suo petto, sentendo il metallo tiepido sotto le dita. «È permanente?»
«Completamente,» confermò Lydia. «Rimuoverlo significherebbe la morte istantanea, e probabilmente l’implosione temporale di tutto ciò che si trova nel raggio di cento metri. Ma c’è un lato positivo: ora puoi controllare consciamente le tue emanazioni cronali. Con l’addestramento giusto, potresti diventare uno dei più potenti chrono-manti mai esistiti.»
Lucas guardò la Chiave Clessidra, che Lydia aveva posizionato con cura sul comodino accanto al letto. Il bastone sembrava… diverso. La sua superficie, un tempo perfettamente liscia, ora mostrava pattern intricati che si muovevano lentamente, come se fossero vivi. E quando concentrò la sua attenzione su di esso, il Nucleo nel suo petto pulsò in risposta.
«La tua arma si è adattata,» spiegò Lydia, notando la sua attenzione. «Il chrono-quarzo al suo interno ha sincronizzato con il tuo Nucleo. È come se… come se ora fosse parte di te in un modo che non lo era prima.»
Lucas allungò la mano destra—l’unica che gli rimaneva—verso la Chiave Clessidra. Nel momento in cui le sue dita toccarono il metallo, sentì un’ondata di energia che gli attraversò tutto il corpo. Il Nucleo nel suo petto brillò più intensamente, e per un momento, incredibilmente, riuscì a sentire il flusso del tempo stesso.
Ma insieme a questa nuova consapevolezza arrivò anche altro: una presenza oscura e familiare che si muoveva ai margini della sua percezione. L’Orologiaio. Era qui, in questo tempo, in questo mondo. E stava cercando.
«Devo andarmene,» disse Lucas improvvisamente, cercando di alzarsi dal letto.
Lydia lo fermò con una mano ferma sulla spalla. «Non puoi. Non ancora. Il tuo corpo sta ancora adattandosi al Nucleo. Un movimento brusco potrebbe causare un feedback cronale che ti ucciderebbe.»
«Non capite,» insistette Lucas, i suoi occhi che si riempivano di un’urgenza disperata. «Lui è qui. L’Orologiaio è in questo mondo, e se mi trova…»
«Chi è l’Orologiaio?» chiese Lydia, la sua voce che tradiva una curiosità professionale mista a preoccupazione.
Lucas la guardò, e in quel momento Lydia vide negli occhi dell’uomo il peso di terrori che andavano oltre la comprensione umana.
«È ciò che diventa il tempo quando smette di essere nostro alleato,» disse Lucas silenziosamente. «È la fine di tutte le linee temporali, la morte di tutte le possibilità. E mi ha seguito fin qui.»
Capitolo IV: I Segreti del Tempo
Nei giorni che seguirono, mentre Lucas si riprendeva lentamente, Lydia si trovò a confrontarsi con misteri che sfidavano tutto ciò che credeva di sapere sulla natura del tempo e dello spazio. Il Nucleo Cronale che aveva impiantato nell’uomo funzionava perfettamente—troppo perfettamente, in realtà. Era come se il dispositivo non solo stabilizzasse le emanazioni temporali di Lucas, ma le amplificasse in modi che lei non aveva previsto.
La Torre degli Ingranaggi stessa sembrava rispondere alla presenza di Lucas. Gli orologi nei laboratori superiori iniziarono a funzionare con una precisione che superava le loro specifiche tecniche. I cristalli di Luminite brillavano più intensamente quando lui passava vicino. E più di una volta, Lydia aveva notato che i suoi progetti più complessi sembravano risolversi da soli durante la notte, come se qualcuno con una comprensione profonda dell’arcano-meccanica li stesse perfezionando.
«Stai manipolando il tempo inconsciamente,» spiegò Lydia durante una delle loro sessioni di studio del pomeriggio. Avevano stabilito una routine: mattine dedicate alla riabilitazione fisica di Lucas, pomeriggi per esplorare le sue nuove capacità, serate per discutere i misteri del suo mondo di origine.
Lucas era seduto sul bordo del letto, concentrato su un semplice orologio da tavolo che Lydia aveva posizionato davanti a lui. Con movimenti delicati della Chiave Clessidra, riusciva a far rallentare o accelerare il movimento delle lancette, ma lo sforzo gli causava dolore al petto.
«Non è così semplice nel mio mondo,» mormorò Lucas, asciugandosi il sudore dalla fronte. «Là, il tempo è… più rigido. Più resistente al cambiamento.»
«Descrivimi il tuo mondo,» disse Lydia, prendendo appunti su una pergamena coperta di diagrammi temporali. «Tutto quello che ricordi.»
Lucas si appoggiò alla parete, il suo occhio che si perdeva in ricordi lontani. «Era un mondo di ingranaggi e vapore, dove la magia e la tecnologia si erano fuse in modi che qui non posso nemmeno immaginare. Le città erano illuminate da lanterne cronali che catturavano l’alba e la conservavano per l’eternità. I treni viaggiavano non solo attraverso lo spazio, ma anche attraverso brevi salti temporali, rendendo possibile attraversare continenti in questione di ore.»
Fece una pausa, e Lydia vide una profonda tristezza attraversare i suoi lineamenti. «Ma poi arrivò l’Orologiaio. All’inizio, era solo una teoria, un concetto matematico discusso nei circoli accademici più avanzati. L’idea che il tempo stesso potesse sviluppare una coscienza, una volontà propria.»
«E invece era reale,» disse Lydia silenziosamente.
«Più che reale,» confermò Lucas. «Era inevitabile. Quando manipoli il tempo abbastanza a lungo, abbastanza intensamente, alla fine attiri la sua attenzione. L’Orologiaio non è malvagio nel senso tradizionale—è semplicemente… correttivo. Vede ogni alterazione temporale come un difetto da correggere, ogni paradosso come un errore da cancellare.»
Lydia sentì un brivido freddo scenderle lungo la schiena. «E tu hai attirato la sua attenzione.»
«Io ho fatto di peggio,» disse Lucas amaramente. «Ho cercato di combatterlo. Ho raccolto altri chrono-manti, abbiamo creato la Resistenza Temporale. Per anni abbiamo lottato contro le Correzioni, cercando di preservare le linee temporali che l’Orologiaio voleva cancellare.»
Si alzò, dirigendosi verso la finestra che dava sulla città di Arkanum. Le luci della sera iniziavano ad accendersi, creando un mosaico di colori che si rifletteva sui canali che attraversavano la città.
«Ma non si può vincere contro il tempo stesso,» continuò Lucas. «Uno ad uno, i miei compagni furono… corretti. Cancellati dalla storia, come se non fossero mai esistiti. Alla fine, rimasi solo io e la Chiave Clessidra.»
«La Chiave è speciale, non è vero?» chiese Lydia, osservando il bastone che ora riposava contro la parete vicino alla finestra.
Lucas annuì lentamente. «È stata forgiata dalla Prima Ruota, il dispositivo originale che ha dato inizio alla chrono-magia nel mio mondo. È l’unico artefatto che l’Orologiaio non può correggere direttamente, perché è… come dire… temporalmente precedente a lui.»
«E ti ha permesso di fuggire qui.»
«Mi ha permesso di strappare un buco nel tempo stesso,» disse Lucas, toccandosi inconsciamente il Nucleo nel petto. «Ma il costo è stato… considerevole.»
Lydia studiò l’uomo davanti a lei—questo impossibile rifugiato dal tempo—e si rese conto che rappresentava qualcosa di molto più grande di una semplice curiosità accademica. Se ciò che diceva era vero, allora il mondo stesso di Vaskaras poteva essere in pericolo.
«Lucas,» disse infine, «devo fare una domanda difficile. È possibile che l’Orologiaio possa seguirti qui? In questo mondo?»
Lucas si voltò verso di lei, e l’espressione nel suo occhio le disse tutto quello che aveva bisogno di sapere.
«Non è una possibilità,» disse Lucas con voce cupa. «È una certezza. L’unica domanda è quando.»
Capitolo V: Il Primo Segno
La prima indicazione che l’Orologiaio aveva trovato Vaskaras arrivò tre settimane dopo il risveglio di Lucas, durante quello che doveva essere un semplice test delle sue capacità cronali.
Lydia aveva allestito un laboratorio speciale nella sezione più isolata della Torre degli Ingranaggi, lontano dai delicati esperimenti che si svolgevano nei piani superiori. Il laboratorio era una camera circolare con pareti di pietra pura incise con simboli di contenimento arcano, progettata per contenere le esplosioni magiche più devastanti che i magi di Arkanum potessero creare.
«Oggi voglio che ti concentri sulla percezione temporale,» spiegò Lydia, sistemando vari cronometri intorno alla stanza. «Il Nucleo ti sta dando accesso a sensibilità che nessun chrono-mante di questo mondo possiede. Voglio vedere fino a che punto si estendono.»
Lucas annuì, afferrando la Chiave Clessidra con la sua unica mano. Nelle ultime settimane, aveva imparato a lavorare con la perdita del braccio sinistro, sviluppando nuove tecniche per maneggiare il bastone. Il Nucleo nel suo petto aveva aiutato, creando campi di energia cronale che gli permettevano di stabilizzare la Chiave in modi che sfidavano la fisica convenzionale.
«Chiudi l’occhio,» istruì Lydia. «Lascia che il Nucleo estenda la tua percezione. Dimmi cosa senti.»
Lucas obbedì, concentrandosi sul ritmo costante del dispositivo nel suo petto. Gradualmente, iniziò a percepire più del semplice presente. Poteva sentire l’eco del passato nelle pietre delle pareti—le mani degli artigiani che le avevano posate, le discussioni accademiche che avevano risuonato in questa stanza, gli esperimenti falliti e riusciti che avevano plasmato la storia della Torre.
Ma poteva sentire anche il futuro—linee di possibilità che si estendevano davanti a lui come fili di luce in un buio infinito. Vide Lydia che perfezionava nuovi progetti, studenti che studiavano nei laboratori sopra, la città di Arkanum che cresceva e cambiava nel corso dei decenni a venire.
E poi, come un sussurro gelido che gli attraversava la mente, sentì qualcos’altro.
Una presenza che non apparteneva al flusso naturale del tempo. Qualcosa che si muoveva contro la corrente temporale, creando onde di disturbo che si propagavano attraverso tutte le linee di possibilità. L’Orologiaio.
«È qui,» sussurrò Lucas, aprendo improvvisamente l’occhio. «È su Vaskaras.»
Lydia si fece immediatamente seria. «Dove?»
Lucas si concentrò di nuovo, spingendo la sua percezione ai limiti. Il Nucleo nel suo petto iniziò a pulsare più rapidamente, emanando calore. «Non… non riesco a localizzarlo esattamente. È come se si stesse nascondendo nelle pieghe del tempo stesso. Ma la sua presenza sta creando distorsioni. Piccole, per ora, ma crescenti.»
Come per confermare le sue parole, uno dei cronometri sulla parete iniziò a comportarsi stranamente. Le lancette si mossero all’indietro per alcuni secondi, poi ricominciarono a muoversi in avanti, ma a velocità doppia.
«Maledizione,» mormorò Lydia, osservando il dispositivo malfunzionante. «Se sta influenzando i nostri strumenti da così lontano…»
Un altro cronometro iniziò a mostrare anomalie, e poi un altro. Presto, tutti i dispositivi di misurazione temporale nella stanza stavano funzionando in modo erratico.
«Dobbiamo avvertire qualcuno,» disse Lydia urgentemente. «La Professoressa Mandalos, il Conclave. Se questa entità è potente come dici…»
«No,» disse Lucas con fermezza, alzandosi dal centro della stanza. «Non ancora. L’Orologiaio si nutre dell’attenzione, si rafforza quando più persone sono consapevoli della sua esistenza. Se coinvolgiamo troppa gente troppo presto, potremmo accelerare la sua manifestazione completa.»
Lydia lo guardò con una miscela di frustrazione e comprensione. «Allora cosa suggerisci?»
Lucas afferrò saldamente la Chiave Clessidra, sentendo il potere che fluiva tra il bastone e il Nucleo nel suo petto. «Suggerisco che iniziamo a prepararci. Silenziosamente, attentamente, ma con urgenza. Perché quando l’Orologiaio finalmente si mostrerà, non avremo una seconda possibilità.»
Mentre parlavano, nessuno dei due notò che le ombre negli angoli della stanza si erano fatte leggermente più profonde, o che il ticchettio dei cronometri malfunzionanti aveva iniziato a sincronizzarsi in un ritmo che non apparteneva a nessun dispositivo meccanico conosciuto.
Il tempo stesso stava iniziando a cambiare, e l’Orologiaio stava arrivando.
Quella notte, Lucas stette sveglio alla finestra del suo alloggio nella Torre degli Ingranaggi, guardando le stelle di un cielo che non era il suo. Il Nucleo nel suo petto pulsava gentilmente, sincronizzato ora non solo con il suo battito cardiaco, ma con qualcosa di più grande—il ritmo sottile del tempo stesso mentre fluiva attraverso questo mondo nuovo e straniero.
Vaskaras era diverso dal suo mondo d’origine, ma non necessariamente peggiore. Qui, la magia e la tecnologia coesistevano in un equilibrio delicato ma stabile. Le persone come Lydia rappresentavano il meglio di entrambi i mondi, combinando rigore scientifico con apertura al mistero. Era un posto che valeva la pena proteggere.
Ma Lucas sapeva che la protezione avrebbe richiesto sacrifici. L’Orologiaio non si sarebbe fermato finché non avesse corretto quella che percepiva come l’anomalia più grande di tutte: l’esistenza stessa di Lucas in questa linea temporale.
Toccò la Chiave Clessidra, sentendo il potere che dormiva al suo interno. Era cambiata dal loro arrivo su Vaskaras, adattandosi alle leggi temporali di questo mondo. Forse, con l’aiuto di Lydia e delle risorse di Arkanum, potevano creare qualcosa di nuovo—non solo un’arma contro l’Orologiaio, ma una vera soluzione al problema che rappresentava.
O forse Lucas stava semplicemente posticipando l’inevitabile.
In ogni caso, aveva fatto la sua scelta. Aveva trovato qualcosa qui che valeva la pena proteggere, qualcuno che valeva la pena aiutare. E quando l’Orologiaio finalmente fosse arrivato, Lucas von Kristanbeck sarebbe stato pronto.
Il tempo, dopo tutto, era dalla sua parte. Finalmente.
Mentre le prime luci dell’alba iniziavano a dipingere il cielo di Arkanum, Lucas sentì il Nucleo nel suo petto stabilizzarsi in un nuovo ritmo, più forte e più sicuro di prima. Era ancora un uomo diviso tra mondi, ma non era più solo.
Capitolo VI: I Primi Alleati
L’alba che si levava su Arkanum portò con sé più di semplice luce. Lydia Steamwright, che aveva trascorso la notte a studiare i dati raccolti durante l’esperimento del giorno precedente, fece una scoperta che la lasciò senza parole.
I pattern di distorsione temporale che aveva registrato non erano casuali. Quando li aveva disposti su una mappa di Arkanum, formavano una spirale perfetta che convergeva verso un punto specifico della città: la Biblioteca Centrale, dove erano conservati i testi più antichi sulla natura del tempo e dello spazio.
«Lucas,» disse, bussando alla porta del suo alloggio temporaneo. «Devi vedere questo.»
Lo trovò già sveglio, vestito e con la Chiave Clessidra alla cintura in una guaina che aveva improvvisato usando una cintura di cuoio e fascette metalliche. Il Nucleo nel suo petto era visibile attraverso la camicia aperta, pulsando con una luce tenue ma costante.
«L’hai sentito anche tu, vero?» chiese Lucas senza preamboli.
Lydia annuì. «Le distorsioni si stanno intensificando. Ma c’è di più—stanno seguendo un pattern specifico. Guarda.»
Gli mostrò i suoi calcoli, e Lucas studiò attentamente i diagrammi. Il suo occhio si allargò mentre comprendeva le implicazioni.
«Sta cercando qualcosa,» mormorò. «L’Orologiaio non è qui semplicemente per me. Sta cercando informazioni su questo mondo, su come funziona il tempo qui.»
«La Biblioteca Centrale conserva i Rotoli del Tempo Primordiale,» spiegò Lydia. «Antichi testi che descrivono la natura fondamentale della realtà su Vaskaras. Se un’entità come l’Orologiaio li trovasse…»
«Potrebbe riscrivere le leggi temporali di questo intero mondo,» completò Lucas con voce cupa. «Trasformarlo in qualcosa di simile al mio mondo originale, ma sotto il suo controllo.»
Prima che potessero discutere ulteriormente, un bussare urgente alla porta li interruppe. Lydia andò ad aprire, rivelando Benny Cogsmith con un’espressione di panico sul volto.
«Maestra Steamwright! Deve venire subito al laboratorio principale. C’è qualcosa che deve vedere—tutti i cronometri della Torre si sono sincronizzati su un ritmo che non riconosco, e la Professoressa Mandalos sta salendo qui con un’espressione che non promette nulla di buono.»
Lucas e Lydia si scambiarono uno sguardo. «È ora di coinvolgere gli altri,» disse Lydia con decisione.
Quando arrivarono al laboratorio principale, trovarono una scena che confermò le loro peggiori paure. Ogni dispositivo di misurazione temporale nella stanza—e ce n’erano dozzine—pulsava al ritmo perfettamente sincronizzato di un grande orologio invisibile. L’effetto era ipnotico e profondamente inquietante.
La Professoressa Rex Mandalos stava studiando uno dei cronometri con un’espressione concentrata. Ex-Cavaliere Infernale dell’Ordine del Cancello diventata Preside della Scuola della Magia e della Guerra, Mandalos aveva un’intuizione per le minacce soprannaturali che pochi altri possedevano.
«Steamwright,» disse senza alzare lo sguardo dal cronometro. «Spero che tu abbia una spiegazione per questo fenomeno, perché sta succedendo in tutta Arkanum. Ogni orologio, ogni dispositivo temporale, tutti sincronizzati su questo ritmo alieno.»
Lydia esitò per un momento, poi prese una decisione. «Professoressa, vorrei presentarle Lucas von Kristanbeck. È… complicato da spiegare.»
Mandalos si voltò finalmente, e i suoi occhi si posarono immediatamente sul Nucleo Cronale nel petto di Lucas. La sua espressione passò da curiosità professionale a allarme genuino.
«Per tutti i diavoli di Regula,» sussurrò. «Cosa in nome di El-Shaddai è quello?»
«Un rifugiato temporale,» disse Lucas semplicemente, facendo un passo avanti. «E la sincronizzazione che state osservando è il segno che qualcosa di molto pericoloso si sta avvicinando al vostro mondo.»
Per i successivi venti minuti, Lucas raccontò la sua storia alla Professoressa Mandalos, aiutato da Lydia che forniva dettagli tecnici quando necessario. Mandalos ascoltò in silenzio, le sue espressioni che passavano dallo scetticismo alla preoccupazione crescente.
«Se quello che dici è vero,» disse finalmente Mandalos, «allora abbiamo una minaccia di livello esistenziale tra le mani. Devo informare il Conclave immediatamente.»
«Aspetti,» disse Lucas urgentemente. «Ci pensavo durante la notte, e credo che coinvolgere troppe persone troppo in fretta potrebbe essere controproducente. L’Orologiaio si rafforza quando più persone sono consapevoli della sua esistenza. Ma ci serve aiuto—aiuto specifico.»
Mandalos inarcò un sopracciglio. «Che tipo di aiuto?»
«Qualcuno che comprenda la manipolazione dimensionale. Qualcuno che abbia esperienza con entità che esistono al di fuori delle normali leggi fisiche. E,» Lucas guardò Lydia, «qualcuno che possa aiutarci a creare armi che possano ferire un essere fatto di tempo puro.»
Mandalos rifletté per un momento. «Conosco le persone giuste. Ma prima, devo essere sicura che tu sia quello che dici di essere.» Si avvicinò a Lucas, studiando attentamente il Nucleo nel suo petto. «Posso… toccarlo?»
Lucas annuì, anche se visibilmente nervoso. Mandalos estese una mano, le dita che si fermarono a pochi centimetri dal dispositivo. Immediatamente, i suoi occhi si allargarono.
«Sento la distorsione,» sussurrò. «È come… come se il tempo stesso fosse piegato attorno a te. E c’è qualcos’altro—un’eco di terrore, di disperazione. Hai davvero visto morire il tuo mondo intero.»
Lucas annuì silenziosamente.
«Molto bene,» disse Mandalos, raddrizzandosi. «Ti aiuteremo. Ma a modo mio.»
Capitolo VII: Il Consiglio di Guerra
Tre ore dopo, Lucas si trovava seduto a un tavolo circolare in una camera blindata nelle profondità della Torre degli Ingranaggi, circondato da alcuni degli individui più potenti di Arkanum. Era la prima volta in settimane che si sentiva veramente spaesato—non a causa delle sue ferite o della sua situazione, ma per la pura intensità intellettuale delle persone riunite.
Oltre a Lydia e alla Professoressa Mandalos, c’erano tre altri individui. Il primo era Magistra Cassandra Vexx, un’esperta in astronomia planare e manipolazione dimensionale. Era una donna sulla quarantina con capelli grigio argento raccolti in una treccia complessa e occhi che sembravano contenere la profondità delle stelle. Le sue mani erano decorate con tatuaggi arcani che si muovevano lentamente sulla sua pelle.
Il secondo era Dottore Aldwin Gearwright, fratello maggiore di Lydia e specialista in armi arcano-meccaniche. Era un uomo massiccio con una barba rossa accuratamente curata e braccia che mostravano i segni di decenni passati nelle forgie. Aveva perso la gamba sinistra in un esperimento andato storto e la aveva sostituita con un complesso dispositivo meccanico che emetteva piccoli sbuffi di vapore a ogni passo.
Il terzo membro del gruppo era il più inaspettato: Zephyr Dawnwind, un elfo dalla pelle scura che serviva come ambasciatore di Asathshara ad Arkanum. I suoi capelli erano bianchi come neve nonostante l’apparente giovinezza, e indossava robes che sembravano intessute con luce delle stelle. Ma ciò che lo rendeva davvero notevole erano i suoi occhi—completamente argentei, senza pupille visibili.
«Zephyr ha esperienza diretta con entità extra-dimensionali,» spiegò Mandalos quando Lucas espresse sorpresa per la presenza dell’elfo. «Durante la purificazione di Asathshara dopo il regno di Therion, ha affrontato creature che esistevano parzialmente al di fuori del nostro continuum spazio-temporale.»
«E ho perso la vista normale per sempre in cambio della capacità di vedere attraverso i veli dimensionali,» aggiunse Zephyr con voce melodiosa ma seria. «Ma questo mi permette di percepire cose che altri non possono.»
Cassandra si chinò in avanti, studiando Lucas con interesse scientifico. «Prima di tutto, dobbiamo capire esattamente cosa sta succedendo al tessuto temporale di Vaskaras. I miei strumenti hanno registrato anomalie crescenti negli ultimi giorni, ma pensavo fossero collegate alla recente attività astronomica.»
«Quale attività astronomica?» chiese Lucas.
«L’imminente Eclissi Doppia,» spiegò Cassandra. «Un evento che accade solo una volta ogni cinquant’anni, quando entrambe le nostre lune eclissano simultaneamente il sole. L’ultima volta è stata nel 503 AE, quando…» si fermò, guardando Lucas con comprensione crescente. «Quando Alaric VII firmò il Patto infernale di Regula.»
Lucas sentì il Nucleo nel suo petto pulsare più intensamente. «L’Eclissi assottiglia la barriera tra i piani?»
«Drasticamente,» confermò Cassandra. «E se questa entità di cui parli si trova in uno stato dimensionale instabile…»
«L’Eclissi potrebbe permettergli di manifestarsi completamente nel nostro mondo,» completò Zephyr, i suoi occhi argentei che sembravano fissare qualcosa che gli altri non potevano vedere. «E a proposito, sta già iniziando a manifestarsi. Posso vedere le sue… impronte… attraverso il tessuto dimensionale.»
Aldwin batté il pugno sul tavolo, facendo tremare i vari dispositivi meccanici sparsi sulla superficie. «Bene, allora cosa aspettiamo? Costruiamo delle armi e combattiamo questa cosa.»
«Non è così semplice,» disse Lucas scuotendo la testa. «L’Orologiaio non è una creatura che può essere combattuta con mezzi convenzionali. È tempo condensato, volontà temporale resa manifesta. Le armi normali lo attraverserebbero senza causare danni.»
«Ma tu l’hai combattuto prima,» osservò Lydia. «Come?»
Lucas toccò la Chiave Clessidra. «Con artefatti forgiati dalla Prima Ruota, dispositivi che esistevano prima che il tempo sviluppasse una coscienza. Ma qui non abbiamo nulla del genere.»
«Forse non della stessa origine,» disse Aldwin pensosamente, «ma abbiamo gli Armamenti dei Prescelti. Settantadue artefatti forgiati per combattere entità che esistevano al di fuori delle normali leggi fisiche.»
«Sono dispersi in tutto il continente,» disse Mandalos. «E molti sono in mani che non sarebbero disposte a prestarceli.»
«Allora ne creiamo di nuovi,» disse Lydia con determinazione. «Combiniamo la tecnologia arcano-meccanica di Arkanum con la conoscenza cronale di Lucas. Creiamo armi specificamente progettate per ferire entità temporali.»
Zephyr si alzò improvvisamente, i suoi occhi argentei che si allargavano. «Qualcosa sta cambiando. Il velo dimensionale si sta assottigliando più rapidamente del previsto.»
Come per confermare le sue parole, tutti i cronometri nella stanza iniziarono a ticchettare all’unisono, creando un suono che riempiva l’aria di una tensione quasi fisica.
«Quanto tempo abbiamo?» chiese Mandalos.
Lucas chiuse l’occhio, estendendo la sua percezione cronale attraverso il Nucleo. Quello che sentì lo riempì di terrore freddo.
«Giorni, forse una settimana al massimo,» disse aprendo l’occhio. «L’Orologiaio ha trovato quello che stava cercando nella Biblioteca Centrale. Ora sta studiando le leggi temporali di questo mondo, preparandosi per la manifestazione finale.»
«Allora è meglio che ci mettiamo al lavoro,» disse Aldwin, alzandosi con un clangore metallico della sua gamba meccanica. «Lydia, ho bisogno di tutti i tuoi progetti più sperimentali. Cassandra, voglio che calcoli esattamente quando l’Eclissi raggiungerà il suo picco. Zephyr, hai bisogno di monitorare continuamente lo stato dimensionale.»
«E io?» chiese Lucas.
Mandalos lo guardò con un’espressione seria. «Tu, Lucas von Kristanbeck, devi prepararti per quello che potrebbe essere l’ultimo confronto con un nemico che ha già distrutto un mondo. E questa volta, non sei solo.»
Mentre il gruppo si disperdeva per iniziare i preparativi, Lucas rimase seduto al tavolo per un momento in più, guardando le sue nuove mani—la sua unica mano—stringere la Chiave Clessidra. Per la prima volta da quando era arrivato su Vaskaras, si sentì come se avesse davvero una possibilità.
Ma nel profondo del suo cuore, sapeva che l’Orologiaio non sarebbe venuto solo. E quando finalmente si fosse manifestato, avrebbe portato con sé tutto l’orrore di un tempo che aveva perso ogni traccia di umanità.
Il countdown finale era iniziato.
Capitolo VIII: Forgiando il Futuro
I tre giorni che seguirono il consiglio di guerra trasformarono le profondità della Torre degli Ingranaggi in un alveare di attività frenetica. Lydia aveva requisito un intero piano della Torre, sigillando tutti gli accessi tranne uno e installando barriere arcane che avrebbero contenuto anche le esplosioni più devastanti.
Nel laboratorio principale, Aldwin Gearwright lavorava giorno e notte su quello che aveva soprannominato “Progetto Cronofago”—una serie di armi progettate specificamente per interagire con entità temporali. Il suono del martello su metallo riecheggiava costantemente attraverso i corridoi, intervalato dal sibilo del vapore e occasionali imprecazioni creative quando un esperimento non andava come previsto.
«Il problema,» spiegò Aldwin a Lucas durante una pausa, asciugandosi il sudore dalla fronte con uno straccio macchiato di olio, «è che stiamo essenzialmente cercando di ferire il tempo stesso. È come cercare di pugnalare un’idea.»
Lucas studiò i prototipi sparsi sul banco da lavoro. C’erano lame che sembravano fatte di luce solidificata, proiettili incisi con runic temporali, e quello che sembrava essere un fucile le cui canne erano costruite da cristalli di chrono-quarzo puro.
«Nel mio mondo, usavamo il principio dell’anteriorità temporale,» spiegò Lucas. «Se puoi creare qualcosa che esiste prima del momento in cui il tuo nemico decide di esistere, puoi ferirlo.»
«Interessante teoria,» disse una voce dalla porta. Cassandra Vexx entrò nel laboratorio, le sue mani coperte da guanti che brillavano di energia stellare. «Ma ho un approccio diverso.»
Si avvicinò a uno dei prototipi di Aldwin—una spada la cui lama sembrava contenere un piccolo vortice temporale—e estese le mani sopra di essa. I tatuaggi sulle sue braccia iniziarono a brillare, e lentamente l’arma iniziò a… cambiare. Non fisicamente, ma in un modo che Lucas poteva percepire attraverso il suo Nucleo Cronale.
«Sto ancorandola a un momento specifico dello spazio-tempo,» spiegò Cassandra, la concentrazione che le stringeva la voce. «Il momento esatto in cui l’Eclissi Doppia del 503 AE raggiunse il suo picco. Se la mia teoria è corretta, questo le darà la stabilità temporale necessaria per ferire l’Orologiaio.»
«È geniale,» sussurrò Lydia, che era entrata silenziosamente per osservare il processo. «Stai usando l’Eclissi precedente come punto di ancoraggio temporale.»
«Esattamente. E se funziona su questa lama…»
«Potremmo ancorarle tutte,» completò Aldwin con crescente eccitazione. «Creare un intero arsenale di armi temporalmente stabilizzate.»
Mentre gli altri lavoravano sui prototipi, Lucas si trovava spesso a collaborare con Zephyr nell’osservare i cambiamenti nel tessuto dimensionale. L’elfo aveva allestito un piccolo santuario in una delle camere più isolate, riempito di cristalli che risuonavano con energie dimensionali.
«Puoi vedere quello che vedo io,» disse Zephyr durante una delle loro sessioni, i suoi occhi argentei fissi su qualcosa che Lucas non riusciva a percepire completamente. «Il tuo Nucleo Cronale ti dà accesso a sensibilità che vanno oltre la normale percezione temporale.»
Lucas si concentrò, lasciando che la sua percezione si estendesse attraverso il Nucleo. Gradualmente, iniziò a vedere quello che Zephyr descriveva: crepe nell’aria stessa, luoghi dove la realtà sembrava sottile e fragile. E attraverso quelle crepe, occasionalmente, intravvedeva qualcosa che lo riempiva di terrore primordiale.
«È più grande di quanto ricordassi,» sussurrò Lucas. «L’Orologiaio. Nel mio mondo, era già immenso, ma qui…»
«Si sta alimentando dell’energia dell’Eclissi imminente,» spiegò Zephyr. «Ogni momento che passa, diventa più forte, più reale in questo mondo.»
«Quanto tempo ci resta?»
Zephyr chiuse gli occhi, estendendo la sua percezione al massimo. Quando li riaprì, Lucas vide una profonda preoccupazione nei loro abissi argentei.
«Meno di quanto speravo. L’Eclissi inizierà tra quattro giorni, ma l’Orologiaio potrebbe manifestarsi completamente già domani sera.»
La notizia si diffuse rapidamente attraverso il gruppo. I lavori si intensificarono ulteriormente, con tutti che lavoravano con urgenza disperata. Mandalos arrivò quella sera con notizie dal mondo esterno.
«Gli effetti si stanno diffondendo oltre Arkanum,» riferì. «Abbiamo ricevuto rapporti da Sol-Rom di orologi che funzionano in modo anomalo. Anche Referia ha segnalato distorsioni temporali nei loro canali.»
«Si sta preparando,» disse Lucas con voce cupa. «L’Orologiaio non colpisce mai un singolo punto. Quando si manifesta completamente, lo fa attraverso l’intero piano temporale simultaneamente.»
«Allora è meglio che siamo pronti,» disse Aldwin, emergendo dal suo laboratorio con quello che sembrava essere un capolavoro dell’ingegneria arcano-meccanica. Era un’armatura, ma costruita da materiali che sfidavano facile descrizione. Le piastre sembravano fatte di tempo solidificato, e tutto il dispositivo emanava un’aura di stabilità temporale.
«Per te,» disse ad Lucas. «Se dovrai affrontare direttamente l’Orologiaio, avrai bisogno di più della semplice Chiave Clessidra.»
Lucas toccò delicatamente l’armatura, sentendo immediatamente come risuonava con il Nucleo nel suo petto. Era perfetta—non solo come protezione, ma come amplificatore per le sue capacità cronali.
«Grazie,» disse semplicemente, ma le parole portavano tutto il peso della gratitudine per queste persone che avevano scelto di credere in lui, di aiutarlo, di rischiare tutto per un mondo che non avevano mai visto.
Quella notte, mentre indossava per la prima volta l’Armatura Cronale, Lucas si sentì più vicino al vecchio se stesso di quanto fosse stato da settimane. Ma era anche qualcosa di nuovo—non più solo un rifugiato dal tempo, ma un guardiano che aveva trovato qualcosa che valeva la pena proteggere.
L’Orologiaio poteva venire. Lucas von Kristanbeck era pronto.
Ma nel profondo della notte, mentre Arkanum dormiva sotto un cielo che iniziava a mostrare i primi segni dell’Eclissi imminente, qualcosa di impossibile accadde. Tutti gli orologi della città si fermarono simultaneamente.
Per esattamente sette secondi, il tempo stesso sembrò trattenere il respiro.
Poi, tutti insieme, ricominciarono a ticchettare. Ma non segnavano più l’ora locale di Arkanum.
Segnavano un’ora che non esisteva in nessun fuso orario di Vaskaras.
Segnavano l’ora dell’Orologiaio.